L’asilo “El Porvenir” si inserisce all’interno di un ampio programma di recupero delle periferie, messo in atto dall’amministrazione di Bogotà. Situato nel quartiere “El Porvenir” di Bosa (comune che afferisce all’ area metropolitana di Bogotà), l’intervento è frutto di un concorso pubblico bandito dal Segretariato per l’integrazione sociale della Colombia nel 2007 e vinto dallo studio colombiano El Equipo Mazzanti, diretto dall’architetto Giancarlo Mazzanti. Lo studio rivolge gran parte della sua attività al recupero di contesti urbani degradati, che attua attraverso interventi strategici che attribuiscono all’architettura il ruolo di difesa e di riconquista dell’assetto sociale.
L’asilo si inserisce all’interno di un contesto urbano fortemente frammentato, costituito da un insediamento spontaneo, che evidenzia la chiara assenza di pianificazione e spazi pubblici all’interno del quartiere. Ne consegue un progetto che mira a contrastare le logiche intensive del tessuto esistente, alternando alle volumetrie un sistema di spazi aperti a diversi gradi di accessibilità in stretto rapporto con la città.
Esso è costituito dall’accostamento di poche forme elementari: un recinto ellittico e otto volumi quadrangolari di differenti dimensioni, che si fondono conservando la loro autonomia. La disposizione dei volumi determina anche la dislocazione delle attività: il recinto ellittico definisce lo spazio della corte principale, al cui interno vengono dislocate le aule. Il recinto delimita, quindi, lo spazio esclusivo dell’apprendimento, accogliendo la didattica in continuità con gli spazi dedicati alle attività ludiche all’aperto; due volumi esterni, connessi alla corte, ospitano: la mensa, la cucina, l’amministrazione, l’auditorium e i depositi.
La logica compositiva dell’intervento mira a stabilire un modello concettuale basato sull’iterazione e combinazione di unità modulari, tenute insieme da un dispositivo spaziale (recinto/pensilina) che oltre a delimitare gli ambienti per le attività ludiche all’aperto, definisce lo spazio distributivo.
Nel descrivere il progetto, l’architetto Mazzanti definisce il recinto e la corte come un “embrione”, capace di proteggere il suo contenuto, ma allo stesso tempo di non annullare la relazione con la città. In questo senso il recinto assume molteplici valenze di significati: individua e delimita un habitat appropriato alla funzione pedagogica e aggregativa; la sua conformazione gli consente di operare come una membrana selettiva che regola lo scambio fisico e percettivo tra la città e la corte e diviene figura di riferimento nel contesto urbano. Concepito inizialmente in canne di bambù, il recinto è stato poi realizzato con una serie di profili metallici a sezione circolare, ripetuti ad intervalli irregolari e giaciture variabili, che conservano l’idea del recinto vegetale.
La relazione con il contesto è mediata da un secondo recinto di forma poligonale, direttamente sulla strada, che, oltre a filtrare l’accesso all’interno della corte, consente di raggiungere gli ambienti ad uso pubblico senza interferire con le attività didattiche.
Questa conformazione consente di generare ulteriori utilizzi dell’edificio, in determinati momenti, infatti, lo spazio della corte si apre alla comunità di quartiere per accogliere attività di vario genere.
La ricerca progettuale condotta dallo studio Mazzanti mira in questo senso a generare modelli compositivi capaci di interagire, a più livelli, con le dinamiche sociali, con l’intento di riportare le istituzioni ad assumere un ruolo centrale in contesti periferici.