Valentino Zeichen | Può esistere ancora la bellezza?

Donatella Scatena

Roma , 2010

12
Ott
2014
AUTORE
Donatella Scatena
Il rapporto tra la Facoltà di Architettura Valle Giulia e Valentino Zeichen nasce da lontano. Negli incontri preparatori che hanno preceduto la mostra dei collage, pensata e voluta da Franco Purini, Zeichen ogni volta mi ha raccontato qualcosa del legame tra lui, l'architettura e gli architetti.
"Io credo che l'incontro con gli architetti sia stato casuale. Forse avevo un amico architetto, forse quell'amico era un pittore. Ma a Piazza del Popolo ne ho conosciuti molti: Franco Purini, Mario Seccia, Laura Thermes, Emilio Puglielli, Antonio e Lucilla Pedone".
Era l'inizio degli anni '60, quello era un gruppo di giovani che allora frequentava la facoltà di Valle Giulia e Valentino Zeichen, giovanissimo anche lui, non era ancora "poeta".
"Scrivevo, ma di nascosto. Avevo interesse per l'arte, studiavo teatro, ma non avevo ancora nessuna precisa idea di pubblicare. Leggevo loro qualche poesia. poi, oltre ad essere invitato alle feste degli architetti, ho iniziato a frequentare i loro studi, mi mostravano i loro progetti. Cominciai così ad interessarmi alle loro idee ".

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Valentino Zeichen è nato a Fiume (Croazia) e vive a Roma. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesia: Area di Rigore (Coop Scrittori 1974), Ricreazione (Società di Poesia, Guanda 1979), Pagine di Gloria (Guanda 1979), il romanzo Tana per tutti (Lucarini 1983), Museo interiore (Guanda 1987), Gibilterra (Mondadori 1991), Metafisica tascabile (Mondadori 1997), Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio (Fazi 2000), Poesie 1963-2003 (Oscar Mondadori 2003), Neomarziale (Mondadori 2006).

Zeichen è tradotto in francese, con un'antologia di poesie per i tipi di Les Cahiers de Royamont 1989. E' presente un'antologia di poesia mondiale in lingua tedesca a cura di H. M. Enzensberger;: Luftracht International. Poesie 1940 bis 1990 Eichborn Verlag 1991.

Per il teatro ha pubblicato Apocalisse nell'Arte (Edizioni della Cometa, Roma 2000), con il titolo Matrigna (Il notes Magico, Padova 2002) ha pubblicato cinque commedie.

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L'intervista a Valentino Zeichen è stata pubblicata la prima volta in: L'immagine dalle immagini. I collage di Valentino Zeichen. A cura di Franco Purini, Dina Nencini, Donatella Scatena.

TESTO

Cosa c'era di particolare nel rapporto tra Valentino Zeichen e Valle Giulia
Il fatto rivoluzionario, allora, era che io frequentavo un territorio intellettuale extraletterario. Era un modo di cambiare visore. Frequentavo mostre e musei. Era anche un modo per incontrare qualche bella ragazza. Elaboravo un mio codice della bellezza, ma tramite gli architetti ho imparato davvero a vederla nell’organicità della forma.

Vuoi dire che esisteva una fenomenologia degli edifici?
Si, credo che fosse un imparare a vedere. Parafrasando un vecchio testo di Marangoni di quegli anni, potrei dire :" vedi di vedere l'arte". Ecco, io vedevo attraverso di loro. L'architettura era per me l'arte della visione, ammiravo gli edifici invece che i quadri.

Vedevi anche attraverso i loro progetti?
Attraverso i loro progetti vedevo il futuro.

Ma a che cosa ti riferisci quanto parli di quello sguardo diverso, a quel vedere attraverso?
Gli amici architetti, allora erano molto ideologici e poco funzionalisti, ma più razionalisti di quanto si possa immaginare: prefiguravano il futuro. Loro nutrivano l'amore per la storia della bellezza. Nel loro sentire ritrovavo un codice della bellezza: per me, è stato fondamentale. Questa passione estetica andava alla Pienza rinascimentale o a Venezia . Gli architetti di cui parlo riuscivano a custodire la loro passione in un momento di rottura totale, quando l'arte astratta e la pop art ne erano la totale negazione estetica. Questo scivolare verso l'informe era un sintomo della crisi storica, dovuta alla seconda guerra mondiale. In poesia e in letteratura iniziava il dominio della destrutturazione. Curiosamente gli unici ancora rimasti con un'idea della bellezza erano gli architetti, sono dei super classici. Infatti, nel momento in cui si sono appesi i quadri astratti e della pop art al muro, si è finiti nel decorativismo.

L'arte astratta è divenuta decorazione. Spiegaci meglio.
Nell'arte era arrivato il tempo della crisi. Penso, ad esempio, a Prampolini ed al secondo Futurismo, che sono diventati come un gioco, divertenti per costruire le scene teatrali, decorare tazze, mobili, tessuti, ma che hanno perso la forza propulsiva dell'avanguardia. Con Prampolini assistiamo alla fine del Futurismo e ci avviamo verso il decorativismo.

Le tue immagini sull'arte sono molto evocative, ma torniamo all'architettura ed all'idea della bellezza.
Riconosco agli architetti la capacità di aver sempre mantenuto un'idea forte della bellezza. Essi sono riusciti a custodire questo codice, magari solo in privato. Mentre gli artisti si sono arresi subito alla crisi, gli architetti hanno resistito grazie, forse, alla disciplina che comunque li metteva al confronto con al storia dell'architettura.
Oggi qualcosa sta cambiando nell'arte grazie a qualche giovane poeta come Giuseppe Conte che vent'anni fa ha reintrodotto il culto della visione della bellezza. Nei percorsi artistici il risultato può essere anche un grande design. Il mio omaggio, infatti, va a Flaminio Bertoni, un artista che negli '40 e '50 ha disegnato le auto della Citroën. Bertoni amava andare all'Acquario di Parigi per osservare gli squali: così, diceva, era nata la Citroën DS, dalla scocca rivoluzionaria.

Bertoni per creare guardava i pesci nuotare nel grande acquario. La tua poesia, allo stesso modo, sembra nascere nelle strade di Roma. Passeggiavi spesso a Piazza Fiume per vedere il Palazzo della Rinascente di Albini: "ecco" mi hai detto " un magazzino corazzato, potente come un bunker". In che modo l'architettura è entrata nella tua poesia?
E' vero, mi piace guardare una scala elicoidale di Aschieri. Mi piacciono le poste di Piazza Bologna di Mario Ridolfi.
L'architettura è entrata nella raccolta Ogni cosa ad ogni cosa ha detto addio.
Il Palazzo della Civiltà del Lavoro rappresenta un modello "mondiale" grazie all'opera di Libera. Come a suo tempo fu per Palladio, che ha inventato un archetipo universale della casa. Anche Dio, se volesse una casa, la commissionerebbe a Palladio, perché' la casa palladiana è bella, poiché' il divino entra ed esce da tutti e quattro i punti cardinali.
Ritornando ai tanti amici, che vivevano di ideologia, rivoluzione e modernità, tutti loro, pur essendo ideologici, hanno sempre riconosciuto un fondo di verità nella bellezza. poi nel loro destino, è arrivato Bofill e il Postmodern e qualcosa è crollato nella loro immaginazione. L'utopia si è spenta.

Del postmoderno mi piacerebbe parlarne con te un'altra volta. Invece, per finire, vorrei tornare a Roma, perché' tu ti riferisci spesso ad una città storica, porosa, di pietra. Ma se tu dovessi raccontare di metropoli contemporanee metalliche e tecnologiche, che scriveresti?
Io parlo sul piano soggettivo, non sono un tecnico e non so scrivere di cose che non conosco, se non per impressioni visive. Mi interessano gli spostamenti segnico estetici fra le città: credo alle ipotesi comparative. Per esempio, credo che all'Opera House di Sidney sia stata tagliata la coda con cui Meier ha costruito la chiesa di Tor tre Teste, a Roma.