Riccardo Dalisi | “Ragazzi rompete le righe!”

Maria Teresa Cutrì
Fabrizio Del Pinto

Napoli, Calata San Francesco , 19 marzo 2014

12
Ott
2014
AUTORE
Maria Teresa Cutrì
Per chi da Roma approda a Napoli nello studio di Riccardo Dalisi, prosegue un viaggio verso un mondo altro dove si compongono e scompongono frammenti dell’esperienza, della forma e dello spazio, in un continuo divenire che stringe e allenta un nodo simbolico e reale del fare architettura. Cavo e sezione, nodo e abbraccio, vuoto e fare vuoto, diventano le chiavi di lettura, attivate dalla fantasia, nel racconto di Dalisi di uno spazio archetipico all’origine dell’architettura, che attinge anche alla cultura delle strutture formative e profonde del linguaggio e della natura. Occhi che “vedono” (dipinti su carta) aprono le porte dello studio, affacciato sullo splendore del Golfo di Napoli, in cui si procede quasi letteralmente “attraversando lo specchio”. Guerrieri, donne-madonne e Totocchi (omini scultura di latta, princìpi della metamorfosi propria delle fiabe) che non dimenticano il Drago-porta del tunnel di Capodimonte: figure totemiche sotto le trame di strutture spaziali innovative o di piccole architetture che sperimentano, attraverso geometrie generative, inclusive e polimorfe, nuove forme complesse (quanto possibili). Quantità folli di disegni e colori. Lamiere assemblate e cucite con fili di metallo, scarti ultrapoveri che diventano opere di design celebrate nel mondo. Tutto rivela un tempo e uno spazio costruito come un lancio di dadi capace di lavorare sugli spazi dell’indeterminazione, quegli spazi grigi dell’architettura e della città che svelano il progetto come tecnica aperta: « come insieme di strategie che cattura l’imprevisto». E che a partire anche dall’errore, inteso come valore proprio della sperimentazione delle possibilità e del caso come parte della vita, approda alla bellezza. Una bellezza che si fa interprete di desideri dostoevskijani. Totale!
Attraversare lo specchio ha significato anche modificare in corso l’intervista. Molte delle domande preparate “a tavolino” sono saltate, assorbite in altro e da altro, guidati dalla magia bruniana del Professore Dalisi che ringraziamo tantissimo per la mattina che ci ha dedicato.


Nota biografica
Nato a Potenza il 1° maggio del 1931, Riccardo Dalisi è architetto, artista e designer di rilievo internazionale. I suoi lavori sono stati esposti e alcuni fanno parte delle collezioni permanenti dei musei d’arte, design e arti decorative di: Parigi, Orleans, Groningen, Denver, Montreal, Museo della Triennale di Milano, della Biennale di Venezia, Biennale di Chicago, Guggenheim Museum e M.O.M.A di New York, Museo di Copenaghen, Museo di Arte Contemporanea di Salonicco, Fondazione Cartier di Parigi, Tabak Museum di Vienna, Museo Zita di Berlino, Palazzo Reale, Goethe Institut, Galleria Lucio Amelio e Castel dell’Ovo a Napoli.
È stato Professore ordinario di Progettazione architettonica e direttore della Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura dell’Ateneo Federiciano di Napoli. Nel periodo tra il 1971 e il 1975 sperimenta l’avviarsi di una serie di esperienze di architettura realmente partecipata e creativa con i bambini e i ragazzi del quartiere Traiano a Napoli (quartiere del sottoproletariato, con un alto tasso di abbandono scolastico; seguiranno esperienze con i ragazzi di Secondigliano, Ponticelli, Sanità e attualmente Scampia e Nisida ) e la fondazione nel ’73 della Global Tools con Sottsass, Mendini, Pesce, La Pietra, Branzi, Deganello, Fabro, Raggi, Archizoom, Superstudio, e altri, esponenti come lui dell’Architettura Radicale nella definizione di Germano Celant. Inizia quell’attività di ricerca sul metodo rigoroso del progettare senza pensare, l’uso del frammento e del materiale povero o di scarto e l’invenzione o recupero di tecniche artigianali, che lo porterà a lavorare anche per un’ idea alternativa di scuola. Una contro-Scuola-Università, fuori dai circuiti tradizionale dell’insegnamento, prima “di Strada” oggi “Volante”, sulla scia delle “Università Tam Tam” milanesi, da svolgere nelle strade, polverizzata in frammenti-presidi, dove è possibile costruire e produrre arte, architettura e design a partire dalla sostenibilità sociale, dall’incontro e dallo sviluppo delle capacità creative dell’individuo a contatto con la bellezza. Esperienze queste che si ritrovano anche nell’allestimento permanente (dal 1997) di Rua Catalana: Napolino. Nel 1981 vince il Compasso d’Oro per la ricerca sulla caffettiera napoletana per Alessi; nel 1994 a Copenaghen rappresenta il design italiano, dello stesso anno è la sedia Pavone per Zanotta; progetta per Cleto Munari, Eschenbach, Rosenthal, Ritzenhoff, OLuce e molti altri e per la Fiat dal 1999, anno in cui si aggiudica il II premio al concorso europeo per la ricerca e il progetto di prototipi innovativi di automobili; nel 2010 ha promosso la prima edizione del Compasso di Latta per il design ultrapovero. Tanti i semi di architettura: dalle Tre Torri di Ponticelli e i Ventidue progetti per Napoli, all’utopia di Panopolis, agli interventi a Lamezia terme (di riqualificazione del centro), a Pomigliano d’Arco (La Rotonda), Bologna,e ancora Napoli, la Borsa Merci con Massimo Pica Ciamarra, Venezia (la nuova porta-sistema in piazzale Roma, non realizzata), alla Casa più bella del Mondo, a quella a farfalla … Al restauro creativo (Atripalda, Ospedaletto d’Alpinolo, Oliveto Citra e la cattedrale di Conza) … Semi infiniti …da cui si generano altri semi e altre vite e architetture e libri importanti (Forma(Intervallo) Spazio, 1967; Architettura dell’imprevedibilità,1970; Architettura d’animazione, 1975; … Radicalmente. Tornare ai fulcri generativi dell’Architettura, 2004; AcquadueO, 2012 e molti altri …)
Un occasione mancata per Roma: il Congegno Cubico progettato per l’ampliamento della Galleria Comunale di Arte Moderna (ex stabilimento della Birra Peroni)!

TESTO

L’architettura come spazio della luce e il progetto come illuminazione istantanea. Ritroviamo la fantasia come luogo dell’architettura e dell’arte? Errore (nella sperimentazione) e Bellezza, Fiaba e Immaginazione, Fantasia come linguaggio della vita … le parole chiave per raccontare la sua architettura? O ce ne sono altre?
Sì, queste parole raccontano la mia architettura … Giordano Bruno che amo citare disse che “non dalle regole viene la poesia ma dalla poesia vengono le regole …”
Quello che vorrei sottolineare è come a queste parole: luce, fiaba, fantasia, immaginazione ... corrisponda molto lavoro e riflessione sul metodo: sul come comportarsi, come disegnare, come comporre, perché mi sono sempre posto, fino in fondo come professore, che cosa e come si comunica ai giovani, come coinvolgerli. In questo senso una delle cose che ritengo più importanti è il metodo da me sperimentato del progettare senza pensare (o progettare al di fuori della coscienza). Può sembrare uno slogan, un motto, quasi impossibile da realizzare, una forma quasi di disapprendimento rispetto alle lungaggini delle analisi fatte di solito a monte di un progetto, alle sovrastrutture culturali. Ora, se da una parte riconosco l’importanza di un percorso che utilizza criteri razionali di analisi e verifica, trovo, dall’altra, fondamentale il momento iniziale, più genuino dell’ispirazione, dell’intuizione del manufatto che viene fuori da un approccio diretto, il momento dell’idea e della curiosità di fare delle cose anche un po’ particolari che corrispondano a quello che sentiamo (e tuttavia attendibili nella dimensione funzionale, statica e dimensionale).
Il metodo favorisce e sviluppa una mente libera, che associa, trae spunto, utilizza ciò che gli viene offerto, priva di condizionamenti, recuperando in un secondo momento riflessioni e razionalizzazioni. La razionalità in questo modo viene assorbita in un’azione creativa in una visione libera. Per esempio uno dei princìpi che mi ha molto guidato è pensare che la creatività (intesa come capacità di produrre idee, trovare soluzioni, “provocare” il futuro) viene dall’incontro e dalla difficoltà.
Una mia amica di Milano mi ha insegnato molto a questo proposito. Con lei riflettevo sul fatto che l’uomo, malgrado le difficoltà, malgrado i limiti, ha fatto grandi cose … superando i limiti, combattendo limiti … lei, capovolgendo completamente questa riflessione, mi corresse dicendomi che: “non combattendo i limiti ma grazie ai limiti l’uomo ha fatto grandi cose”. Questo modo in effetti unisce quello che di solito viene diviso, il bene dal male, poiché tutte le difficoltà, i grandi problemi sono quelli che possono aiutarci, nel senso che possono stimolare in noi la combattività, perché creare è anche essere combattivi, uno combatte con le difficoltà … Progettare deriva da un modo di essere, un modo di proporre se stessi e il proprio lavoro, da un’idea-visione del mondo che ognuno ha … per esempio gli artisti ci hanno indicato questo tipo di percorso, specie nel Novecento, prendiamo Kandinsky per esempio … Oppure quelli che più tardi useranno i rifiuti, gli scarti … oggi più che allora viviamo il problema sempre più drammatico dei rifiuti, cresciuto con l’aumentare dei consumi. Ho scritto un libro sulla scia della decrescita di Serge Latousche, che ho conosciuto. Bisogna cambiare atteggiamento di fondo dell’uomo, non consumare e basta ma avere un atteggiamento molto più elastico, più aperto, consumare meno, perché la Bellezza, il bene, non è nell’avere di più ma è nel vivere diversamente, secondo una nozione e una diversa consapevolezza del valore in direzione della creatività che significa vivere in maniera più aperta al bello, alle belle cose, alle cose importanti, alla cura delle cose, in una maggiore responsabilità anche verso l’ambiente … Tutto questo mi ha portato a pensare e promuovere dal 2010 il Compasso di latta.
Ora, tornando a parlare di architettura, nell’eccitazione della novità, cercando come ho sempre fatto la via dell’immaginare, si può pensare (anche provocatoriamente) per esempio a forme e contenuti fantastici, ad un edificio a forma di cuore, oppure di albero, oppure ancora, pensando alla storia di Pinocchio ho disegnato e realizzato il modello del Gatto e la Volpe … Cioè avanzare un’idea subito, anche attraverso questi contenuti che hanno una grande forza di penetrazione nella realtà e dopo sarà facile ritrovare attraverso di essi un tracciato funzionale, raggiungere la possibilità della costruibilità di un manufatto.

è Sentire radicalmente?
Il Gatto e la Volpe sono due edifici, si vede, con la porta e le finestre, quello è un altro personaggio, questi modelli realizzati in cartoncino sono dimostrativi di quello che ho detto finora.
Possiamo pensare anche agli edifici di Sottsass … Lo spazio e la forma che escono da … un soffio di vita … Magari in un parco si potrebbero costruire due piccoli edifici fatti così, con la volpe che appoggia il braccio sulle spalle del gatto, vedi anche per dire che non c’è limite a una razionalizzazione della fantasia più spinta. Ho fatto più di un modello ispirato all’albero, fatto di un tronco e da una grande chioma (per esempio Il grappolo residenziale parte di Panopolis). Ecco … per spiegare delle cose. È bello navigare nel mondo della possibilità, della fantasia perché diventa anche un allenamento utile per gli studenti, come da un seme germoglia una pianta, ovvero l’idea della forma che si modifica nel tempo (lo stesso la metafora di Pinocchio). Disegnare le cose più folli, libere e fantasiose e poi, dopo, la verifica razionale: la fantasia costruttiva così si potrebbe dire, il ragionamento, l’esplorazione analitica, l’attrezzarsi intellettualmente, trovare una giustificazione plausibile logica, razionale e interessante. Aggiungo una considerazione tra esattezza e autenticità: che riguarda il rapporto con l’errore. Nel primo caso l’errore viene combattuto, nel secondo, nel caso dell’autenticità, un errore, uno sbaglio, è considerato propizio, un vero alleato. Se mentre dipingo o disegno, mi cade una goccia di inchiostro, che faccio: correggo o posso anche pensare di farlo entrare nella composizione, farlo assorbire dalla carta? Quella goccia di inchiostro è un’indicazione del caso, dell’irruenza del fare e dello squilibrio e certe volte vengono su idee e progetti più originali.
Per cui ho insegnato anche a sbagliare e ho detto molte spesso agli studenti: Ragazzi sbagliate! È un modo per aprire all’immaginazione, è un esercizio importante che rende flessibili pensiero e comportamento attraverso la prassi, il procedere per tentativi ed esperimenti, per immergersi nell’azione progettante! E questo è vero ancor più se si pensa che alcune scoperte scientifiche derivano da uno sbaglio. Per esempio vidi un filmato scientifico di uno scienziato che faceva in casa propria degli esperimenti e aveva preparato delle cose che non trovava più al loro posto. La moglie le aveva prese e appoggiate, per fare spazio, su una stufa. Lui arrabbiato andò a vedere e potè constatare che ci voleva proprio il tepore della stufa per fare avvenire una certa reazione … contento del risultato ottenuto grazie a lei e all’errore, la abbracciò. È commovente, entra il caso, entra tutto, entra la vita insomma. Quindi progettare è aprirsi alla vita però con un atteggiamento vigile, un atteggiamento che vuole deve raggiungere un risultato, non è una passività (succede quel che succede) no è essere sommamente attivi. In architettura ho costruito, ho vinto qualche concorso con degli amici, ho costruito con molta precisione, impegno, poi sono passato al design.

Il rapporto con Francesco Della Sala?
Il mio professore mi ha insegnato la scontentezza costruttiva. Mi ha suggerito un metodo fondamentale che ho usato poi sempre, in pittura, scultura e nel design. Sono stato collaboratore nel suo studio, facevamo delle architetture (insieme anche a Massimo Pica Ciamarra con cui Dalisi aprirà uno studio di progettazione nel 1962, nds) qualcuna la costruimmo pure qui a Napoli, anzi vorrei andare a rivederla ... Insieme studiavamo l’alloggio ottimale, partendo dal quadrato, da una forma elementare … facevamo molti bozzetti fino a quando non si raggiungeva quello che per me, per noi, era un buon risultato … A questo punto il Professore diceva di mettere da parte quel risultato pur buono e cercare altre soluzioni, perché il lavoro della progettazione non si doveva pensare come lavoro finito … Naturalmente pensavo che il Professore fosse sempre scontento … Invece no, attraverso questo modo mi fece capire che si poteva scoprire la ricchezza dell’immaginazione che va al di là del prodotto finito, del risultato è come se non ci fosse mai niente di raggiunto. Questo è bello … perchè è la vita che è fatta così, è proprio il flusso della vita.

E l’arte?
L’arte è stata fondamentale ed è fondamentale. Come tutti i linguaggi è un linguaggio formativo. Ma occorre guardare a fondo. Nel percorso dell’arte e dell’architettura che non è funzione ma è oltre ogni forma dell’utile … Da quando l’uomo ha eretto totem, menhir, …alle piramidi … alle sculture perfette dei Greci, intese come momento dell’architettura ed esaltazione di questa … Ma la perfezione dei greci non è stata l’ultima spiaggia, il percorso dell’arte e dell’architettura è fatto di ombra e luce, di continuità e rotture dal rinascimento all’uso delle bottiglie vuote .. si è fatto di tutto e tutto questo era fatto all’interno di una dimensione sociale di apporto per e dell’intera comunità e qui in questo senso l’architettura della partecipazione vuole riprendere la prassi della coralità dell’opera, dalle piramidi alle cattedrali, dalla civiltà della macchina al decostruttivismo … Ultimamente mi hanno chiesto di disegnare, insieme ad altri (e tra questi c’è pure Zaha Hadid …) i Bronzi di Riace (li conoscete no i Bronzi di Riace?) su una tela alta due metri … ho fatto pure una scultura … Questo modello qua per esempio (mostra il modello di un’intelaiatura strutturale) e ne ho fatti tanti, ci sono molte cose qua. Io ho insegnato per due anni tecnologia dell’architettura … te ne faccio vedere un altro … questo è fatto di paraboloidi, ho fatto tante di queste cose, sono state un momento di ricerca importante, ho fatto diverse sperimentazioni …… quelle della compressione discontinua e flessione e la trazione continua, che indaga sulla composizione della materia e la struttura degli atomi e da qui poi sono stati realizzati anche modelli di grandi dimensioni …

Tafuri parlava del progetto partecipato come luogo dell’Opera Aperta… il magma … lasciato in perenne attesa del completamento dei fruitori .. Lei stesso scrive quanto sia un atto politico e sociale il fare di un’artista …
Sulla spinta del ‘68 quando si diceva della Partecipazione sono andato nel quartiere Traiano, lì c’era un mio amico che lavorava con i bambini però seguendo un percorso più istituzionale. Invece io ho lavorato con i bambini di strada che si sono molto entusiasmati, portavo loro, con i miei studenti, triangoli di legno, aste, strisce di compensato flessibile, chiodi, martelli, disegni, e molte delle cose che loro hanno cominciato a fare, in modo creativo creativo, poichè si trattava di sperimentare di fatto delle possibilità della forma, sono ora esposte nel Museo di Arti Decorative di Orleans: sedioline, lampade, anche delle strutture “destrutturate” architettoniche… ho il libro se volete ve lo posso dare … Sono ad Orleans perchè un mio conoscente del Nord, francese, è venuto ha visto queste cose e ne ha acquistato alcune … noi dobbiamo anche vendere per mandare avanti i tanti Laboratori dai quali derivano molte delle cose appoggiate qui a studio … Poi ho fatto un altro esperimento. Ho fatto lavorare un povero che chiedeva l’elemosina. Può sembrare stranissima queste cosa, lui veniva sempre, bussava alle porte e chiedeva un po’ di soldi, allora una volta mi sono detto che volevo provare … Gli ho dato un lamierino e un paio di forbici (il lamierino si taglia con le forbicine) gli ho chiesto: “Tagliami 100 uccellini” e gli ho dato la sagoma dell’uccellino e lui mi portò 100 uccellini. Gli davo mi pare 1000 Lire ad uccellino, se li faceva male 500 Lire, se invece li faceva benissimo gli davo qualcosa di più. Poco alla volta abbiamo fatto delle costruzioni, delle sculture grandi, alcune hanno avuto un grande successo in una mostra alla Triennale di Milano. Questo modo l’ho chiamato il Design Ultrapoverissimo perché povero il materiale, povero lui, povera la tecnica. Ho dovuto escogitare la tecnica della cucitura, tu fai i buchini e poi infili il fil di ferro e li leghi quindi … povero lui, la tecnica … dunque: Ultra poverissimo … Per esempio anche i bambini facevano molte di queste cose … ma qui ci sono anche delle cose grandi fatte dal povero e che sono state presentate oltre che a Milano anche a Monaco di Baviera e sono continuamente richieste per delle mostre ... è sulla scia dello stesso discorso di prima, non servono necessariamente delle competenze di partenza … perché poi … per esempio questo è ultrapoverissimo … gli dicevo di lasciare i fili (l’avanzo della cucitura nds) un po’ lunghi … “lascia i fili così …” e che lui interpretava così “ ah la pelliccia” … dopo tanti anni sono tutte cose che hanno ancora validità, ora io li sto dipingendo da un lato ecco ho fatto l’Ultrapoverissimo a colori! Poi altre cose … La sagoma di un cavaliere in forex prodotto da un mio amico che ha un laboratorio in cui lavorano con questo legno industriale … Volete vedere altre cose? Volete vedere una delle ultime cose? Questa è una caffettiera, è molto rigorosa nella sua valenza funzionale, è una caffettiera napoletana alla quale ho aggiunto questo coperchietto (che mi hanno fatto troppo assettato!) pensato come una specie di piccolo vassoio per appoggiare due tazzine … (è la nuova caffettiera per Alessi nds) … Come vedete qui, in questo studio, ci sta di tutto … queste sono delle ceramiche, ho lavorato molto con la ceramica soprattutto attraverso i Laboratori organizzati per i ragazzi rinchiusi nel carcere minorile di Nisida … vedete si alternano forme e colori più liberi ad altre forme più rigorose …

Sia Lei che Samuel Mockbee (con il quale mi pare la uniscono molte cose molte delle quali da Lei anticipate: dal lavoro sul campo con gli studenti all’uso poetico e rigoroso dei materiali poveri) usate la parola Compassione legata all’architettura. Perché e come?
L'ho usata? Si! Tuttavia è Energia la parola che mi corrisponde di più. Sono andato alla Sanità dove è nato Totò … pure là con i bambini di strada abbiamo fatto tante cose …. Mi sono dato da fare … ma l’energia non lo so da dove mi arriva … Penso che c’è un mondo dell’energia che arriva … io ho 82 anni e lavoro molto … se sono stanco e comincio a fare cose creative o cercando di farle più creatine … arriva l’energia … un mondo bellissimo che arriva … Sentire lo spazio e la forma come qualcosa che viene fuori da un soffio di vita capace di tenere insieme sentimento, idea, piacere del fare … quello che si diceva un tempo lo Spirito, la spiritualità … questi modelli e disegni di gioielli (da realizzare in latta, rame, ferro, lamierino, ceramica, vetro, trasformando e maneggiando questi materiali con la pazienza del lavoro artigianale) li ho fatti in mezzo pomeriggio, in poche ore, prendendo spunto dai disegni dei vasi greci, dagli elementi dell’architettura greca che ho amato molto … Ritmi, sinuosità, contrapposizioni. Oppure per esempio le immagini (disegni, dipinti e bozzetti molti dei quali con i Totocchi protagonisti) dell’acqua come risorsa centrale nelle politiche economiche e sociali, contenute nel libro AcquadueO che presentato a Los Angeles vinse il primo premio su centinaia di progetti … ma non viene da me viene da quest’energia … Volete che vado a prendere questo libro?… Quella scultura grande là la vedete?… quei due visi che si incontrano … O queste altre madonne … l’abbraccio della madre al figlio … il volo degli angeli … Quando sono diventato direttore della Scuola di Design … La Fiat lanciò l’idea di un concorso europeo per una nuova automobile per giovani (1999) … noi ci mettemmo subito in moto e, anche in questa occasione, usai il metodo del progettare senza pensare per fare modellini di automobili … ne ho fatte, ne abbiamo fatte, tantissime. C’era una commissione con un rappresentante della Fiat che visionava periodicamente le ricerche fatte nelle Università in Europa, quando sono arrivati da noi hanno trovato molto interessanti le cose che facevamo … anche i tedeschi lavoravano a queste ricerche: Essen per esempio, l’Università di Dusseldorf. Dopo aver realizzato i modellini siamo andati allo scasso a prendere una 127 con pochi soldi, l’ho data a due carrozzieri giovani, di provincia, un ragazzo mio studente era di Casapesenna … la trasformammo completamente … mi chiesero “ ma questa deve pure camminare?” Certo! Ci siamo classificati subito tra i primi 4 eravamo: Dusseldorf, Essen, Napoli, Milano. Dopo nell’ultimo round a noi hanno dato il II premio: Dusseldorf, Napoli, abbiamo distanziato Essen e addirittura di due misure Milano patria del design … Questo è uno dei modellini che è venuto fuori da questa ricerca: l’automobile a compasso … con il compasso che diventa la cappotte. Poi c’era l’auto peperone …

Oggi la partecipazione trova nelle esperienze delle chabolas di Caracas (anche attraverso le esperienze di ricerca e progetto di UrbanThink-Tank) o ancora di più nelle situazioni di grande violenza come al confine del Messico con la California nel lavoro “politico” di Teddy Cruz, il “modello” di un nuovo modo di fare architettura. Cosa ne pensa?
Non conosco bene quello che si fa li però un concetto mi è chiaro: una cosa è aiutare delle persone o utilizzare una manodopera che vuole lavorare, che ha bisogno di lavorare ... e quindi impegnare le persone come forza lavoro come potenziale produttivo, un’altra cosa è suscitare la creatività dell’ambiente. Sicuramente qualcosa di questo tipo sarà stato fatto lì a Caracas nelle favelas ma non sono proprio favelas vero? “Si in effetti non sono proprio così, gli insediamenti di Caracas si diversificano dalle favelas nella diversa organizzazione della struttura (mtc)” . Quello che io propongo e che ha sempre distinto il mio lavoro e che riflettendo riconosco da sempre in me .. da soli le persone non ce la fanno ma aiutati possono fare moltissimo. Il povero da solo non avrebbe fatto proprio niente anche volendolo, insieme in alternanza in concomitanza in azione dinamica tra più situazioni, tra più persone, tra chi ne sa per aver studiato o per avere più esperienza e loro, è possibile costruire moltissimo. Al Rione Traiano tutti i bambini che vivevano là e forse arrivavano fino a 100 quando io ho lasciato, bambini che già a 12 anni andavano via, per cercare lavoro, per cercare altre strade, incontrandomi, nel tempo, mi hanno detto tutti che si sono salvati … Questo vuol dire che quel lavoro fatto insieme con me e con gli studenti di architettura, ha dato fiducia in loro per cui sono riusciti ad industriarsi in piccoli lavori, anche piccole cose per organizzarsi una vita diversa. Adesso a Scampia i bambini che hanno lavorato con me addirittura in competizione con me, vi faccio vedere i cavalli che hanno fatto loro … un adulto normalmente avrebbe detto non si disegna come fate voi, occorre fare diversamente. Invece io dico sono bellissime le cose che fate voi, al loro livello vanno benissimo, sembrano fatte dai primitivi … è questo che va valorizzato. Poiché se insistono se continuano possono poi fare delle cose più accorte, più misurate, più sofisticate, pensate … Il problema è proprio quello di creare queste possibilità di incentivazione. Quando io portavo le stoffe i bambini che avevano imparato a disegnare liberamente, disegnavano sulle stoffe poi le mamme e le nonne ricamavano, quindi c’era un coinvolgimento reciproco e da lì sono nate delle cose interessantissime. Quindi questo vuol dire che la cultura non è limitata a quanto impari a scuola seguendo un percorso stabilito a tappe: la prima la seconda … il liceo , l’università … Questa è un’irregimentazione tutta regolata dalla mente razionale, perché il nostro è un mondo dominato dalla razionalità. Anticamente i giovani andavano a bottega e la bottega era un luogo creativo … molti grandi hanno fatto apprendistato in una bottega … Bisogna quindi lavorare su tutta l’impostazione di vita, su cosa si intende per pedagogia, per educazione, per ricerca. Voglio farvi vedere una fotografia (in bianco e nero molto bella nds) scattata da me al Rione Traiano, guardate i bambini cosa riuscivano a fare (giocano, fanno acrobazie in un cantiere tra i tondini di ferro dei pilastri in costruzione nds) … pericolosissimo però è bellissimo … Questa fotografia fu pubblicata tanti anni fa in un numero monografico della rivista “IN” … Questo era un edificio iniziato e poi abbandonato e questi bambini lo hanno usato come gioco; ce n’era un’altra in cui un bambino piccolo si era messo in una posizione tale che sembrava un monumento, si era messo come fosse lì a interpretare una statua …

L’architettura Open Source può/è una risposta alla necessità del cambiamento dell’opera e del mestiere dell’architetto?
Penso che tutto ciò che è scambio, incontro, che è dinamica, curiosità, interesse se serve a qualcuno che coglie gli aspetti più profondi, anche solo intuitivamente, allora si va bene. Tanto più se, come pensavamo già nel ’68, attraverso l’idea della partecipazione, ciò serve a mettere in crisi quella professionalità tanto assoluta quanto chiusa in se.

Dalla scuola “tradizionale” all’università volante. Ci racconta questo percorso di ricerca per la didattica? Oltre agli studenti per Lei è stato fondamentale il rapporto con i bambini. Oggi più che mai in situazioni oscene di difficoltà. Molti progetti contemporanei nelle aree povere del mondo lavorano sul tema della scuola eppure alla ”modernità” della partecipazione e delle tecnologie si associa ancora l’aula tradizionale … Perché?
Per l’università volante l’idea viene dai miei amici e colleghi di Milano, loro l’hanno fatta e la chiamano Scuola Tam Tam. Io l’ho chiamata prima Volante poi Volante Tam Tam perché segue in fondo tutto quello che abbiamo detto finora. Quello che è un pò diverso e nuovo di questa iniziativa è attribuirgli il termine di università. Quando lavoravo a Traiano, con i bambini ma anche con i disoccupati, con le famiglie, chiesi che ogni facoltà, con un valore e un indirizzo sociale e antropologico, tra cui architettura indubbiamente, avrebbe dovuto avere un presidio in un luogo dove ci fosse cultura popolare, dove ci fosse un’altra cultura, perché si dovevano e si dovrebbero portare in seno alle facoltà le esperienze vive. Interessai Lombardi Satriani e De Masi che pure vennero a vedere quello che facevamo e ne scrissero. Io però pensavo e insistevo sulla creazione di Presidi universitari che chiamai Frammenti Universitari … si potrebbero fare dei Frammenti universitari … da realizzare magari in Venezuela … poi ritornare … scambiare quello che si fa là, con i nostri Frammenti … con fotografie e con tutti gli strumenti della comunicazione contemporanea … Uno scambio un pò anche come state facendo voi, venite qua dalla Sapienza … così si potrebbe fare, perfezionare questo sistema estendendolo a un’università che (scherzando) “Volant” qui, “Tam Tam” li … ma il concetto è sempre quello della comunicazione e dell’incontro … anche a distanza …

Un pensiero per gli studenti di architettura …
Ragazzi rompete le righe!!! Rompete le vostre cose e prendete dai libri e dagli esempi delle possibilità … partendo dai frammenti … dai frammenti di questi libri che sono stati da voi lacerati, sezionati e meticolosamente distrutti però benevolmente, accettandone gli spunti, gli orientamenti che ne potete trarre … secondo le vostre aspirazioni … Le nozioni e le tecniche sono necessarie ma, se provate entusiasmo, le cercate da voi, per direzionare un vostro percorso … Progettare è un iter avventuroso, un torrente di riflessioni e modifiche … continue. A questo proposito voglio dire un’altra cosa. In un laboratorio di ceramica ho visto … un uso dei frammenti di ceramica dei pezzettini di ceramica … ci fanno le finestrelle il portone … sembra un palazzetto … ed è un frammento … Ti piace questo discorso della frammentazione …? (Ci fa vedere altri modelli, altre cose, che emergono da scaffali,mensole, tavoli, dal pavimento … nds). Questo è un ritaglio in forex … questo viene da un mollificio … ho ricevuto da poco l’incarico per uno studio di gioielli da fare … con le molle … Ho cominciato a studiare dei modelli di gioielli con le molle!