A Marconia di Pisticci, in provincia di Matera, al centro di una lieve altura immersa nel verde, trova il suo spazio ideale Casa Fuina, progettata dall’architetto Michele Iacovazzi.
Superfici inclinati, setti verticali, piani liberi e giochi di luce compongono e scompongono, come in un’opera astratta, un blocco apparentemente unitario, dai toni modernisti e vagamente decostruttivisti.
Ad una immagine e ad una percezione dell’involucro alquanto dinamica e straniante, si contrappone un impianto planimetrico lineare, rigoroso e funzionale: due quadrati inscritti tra loro e leggermente ruotati l’uno dall’altro le cui intersezioni diventano particolati occasioni progettuali. Le forometrie d’angolo, infatti, saranno punti di vista privilegiati aperti a suggestivi scorci paesaggistici.
Il primo quadrato, più piccolo e di colore bianco, rappresenta la residenza vera e propria presentando una chiara partitura degli ambient giorno-notte. Nei punti id intersezione con il secondo il volume si smaterializza in grandi superfici vetrate che sorreggono giardini pensili. Il secondo quadrato, disposto perimetralmente, emerge con forza e carattere con i suoi quattro monoliti in muratura rivestiti da intonaco, la cui tinta richiama i colore del terreno circostante.
La copertura, in parte in falde e in parte terrazzata, presenta una struttura in legno lamellare di abete nordico dove ben si nascondono i pannelli fotovoltaici che danno il giusto apporto di energia all’abitazione. Essa si raggiunge mediante una scala esterna in pietra calcarea, antistante l’ingresso, posta all’interno di uno dei triangoli ottenuto dall’intersezione dei due volumi.
L’ingresso così come il prospetto principale vengono enfatizzati dall’inserimento di una palma di Creta, della quale si percepisce maggiormente il fusto, alto e snello, e la chioma, dalle foglie strette, che, aprendosi in sommità, fornisce l’ombra necessaria senza però incombere e togliere aria. Un segno naturale, quindi, e non artificiale per non appesantire il disegno di facciata con ulteriori elementi architettonici.
La linearità dell’impianto, che poteva definirsi in un tradizionale volume cubico, viene inficiata dall’utilizzo delle quinte monolitiche che si intersecano tra loro. Una geometria semplice che volutamente contraddice se stessa, in un gioco di pieni e di vuoti che movimenta sensibilmente l’involucro senza però mai sfociare in un’immagine caotica.
La vitalità architettonica dei prospetti prende forma dai lunghi setti che sezionano e dividono i vari ambienti domestici. Queste quinte organiche, inoltre, mediante l’integrazione della natura, diventano supporti per giardini pensili e rivestimenti vegetali e quindi capaci di mutare colore in funzione dei cicli stagionali, di intrecciare un intrigante dialogo con la natura circostante, di vibrare e di animarsi al vento e di schermare i caldissimi raggi estivi.
Semplice ma figurativamente efficace è anche il gioco dei lastricati che circondano l’edificio, le cui asimmetrie rendono interessante e non scontato il percorso perimetrale e le soste nelle umbratili aree en pein air.