Il teatro Thalia, intitolato alla musa della commedia e della satira, nasce per volontà di Joaquim Pedro Quintela, secondo barone de Quintela e primo conte de Farrobo – appassionato, oltre che di feste e di caccia, di musica e teatro – promotore, nel 1820, della costruzione di una sala all’uopo dedicata, adiacente al palazzo familiare.
Hic mores hominum castigantur, ammonisce il fregio bronzeo sul portico del teatro realizzato nel 1842 a Lisbona, nella Quinta das Laranjeiras, dall’architetto Fortunato Lodi – autore, negli stessi anni, del teatro nazionale Dona Maria II, in piazza Rossio, di cui il teatro Thalia ha rappresentato, secondo i progettisti una sorta di pré-maquete. Le “festas do Farrobo” sono descritte in cronache dell’epoca come avvenimenti magnificenti, per l’eminenza degli invitati e la ricercatezza degli ambienti, ornati da grandi specchi in cornici dorate, raffinate decorazioni dei soffitti, grandi lampadari che dal 1838 – con vent’anni d’anticipo rispetto alla sua diffusione nella capitale – erano alimentati a gas.
Dopo il restauro e il rinnovamento operato da Lodi, il Thalia continua ad ospitare opere e rappresentazioni teatrali di livello internazionale, improvvisamente interrotte, il 9 settembre 1862, a causa di un incendio avvenuto durante i lavori di manutenzione. I rovesci economici del conte, morto qualche anno dopo in povertà, consegnano i resti dell’edificio a una lenta consunzione che si protrae per quasi centocinquant’anni – una condizione aggravata, nel 1978, dalla demolizione quasi integrale delle coperture con il conseguente indebolimento delle strutture verticali. In questo arco di tempo, parte della Quinta das Laranjeiras viene ceduta al giardino zoologico nel 1905 mentre il palazzo del conte, dopo diversi passaggi di proprietà, è acquistato nel 1948 dallo Stato e adibito a sede di uffici ministeriali.
L’iniziativa di recupero del Thalia si deve al Ministero della scienza, tecnologia ed educazione, insediatosi nel palazzo nel 2005, con un programma che prevede la realizzazione di una struttura polifunzionale, utilizzabile per conferenze e seminari ma anche per ricevimenti, concerti e rappresentazioni teatrali. Il teatro ottocentesco era un organismo costituito da parti chiaramente definite, giustapposte o innestate l’una nell’altra: il portico, il foyer, la scena e la platea.
Il nuovo intervento, a fronte dell’impossibilità di ripristino della situazione originaria degli ambienti – fatta eccezione per il frammento del portico sud, oggetto di un accurato restauro filologico – si pone l’obiettivo di reintegrare una sorta di “impronta spaziale” dell’edificio. Ciò che più impressiona del rudere del teatro è, infatti, secondo le considerazioni dei progettisti, la dimensione dello scheletro costruttivo superstite: maestoso nella sua verticalità – l’invaso della scena si eleva sino a 23 metri di altezza – come nella sua materialità, esso appare come una rovina in senso proprio, fortemente evocativa della perdita drammatica provocata dall’incendio.
I paramenti murari della scena e della platea sono stati ripuliti – meglio scarnificati – portando i due ambienti, in precedenza distinti in ragione del loro diverso uso e poi ridotti allo stato di maceria, ad un’inedita unità e continuità, sia spaziale che materica. La volontà di restituire con il massimo di evidenza questa “nuova” condizione, di preservarne l’unità e l’autonomia, si è tradotta nella decisione di portare “all’esterno” tutti i necessari interventi di consolidamento delle pareti esistenti, avvolgendo il rudere in un sarcofago di cemento armato che contrasta le spinte orizzontali e sostiene la nuova copertura.
Il nuovo involucro color terracotta, volutamente privo di dettaglio architettonico e con la superficie trattata in modo da attenuare i segni delle casseforme, assume un carattere astratto che esalta la geometria elementare dei volumi del teatro e consente di leggerne la composizione. Al risultato finale contribuiscono: la demolizione di alcuni corpi di fabbrica di modesta fattura annessi al teatro; i due nuovi padiglioni a un piano in metallo e vetro che sostituiscono gli edifici demoliti, incorniciando la costruzione e definendo una sorta di basamento trasparente verso la strada; una piccola piazza aperta verso il giardino.