È accaduto che la città ha prestato la sua forma all’industria. E persino il nome. La fabbrica del cinema… e proprio il cinema è stato a lungo l’unica industria romana moderna, si è chiamata e si chiama CineCittà
(Angeletti, 2006: 82).
Tra le pochissime industrie di Roma, il complesso degli Stabilimenti Cinematografici di Cinecittà inaugurato il 28 aprile 1937 progettato da Gino Peressutti, rappresenta da sempre una delle più importanti.
Parte di un programma originario più complesso, politico e pedagogico, finanziario e architettonico di sostegno alla cinematografia, avviato dal Regime che ne rileva sia la potenza di strumento di comunicazione e diffusione delle idee quanto la centralità nel dibattito sulla modernità: “l’arma più forte” al pari, sempre nelle parole inaugurali di Mussolini, dell’invenzione dei caratteri mobili di stampa e della camera oscura. La fondazione di Cinecittà, che diverrà uno dei più importanti poli tecnologici per la produzione cinematografica e il completamento del programma seguono, già dal 1932, l’istituzione della Mostra del Cinema alla Biennale di Venezia. A Roma il programma si completa nel tempo attraverso la realizzazione di molte sale di proiezione nello spazio della città, la fondazione e costruzione dell’Istituto Luce (1937) su progetto di Clemente Busiri Vici e del Centro Sperimentale di Cinematografia di Pietro Aschieri e Antonio Valente (1940). Il progetto di Peressutti concentra, all’interno di un grande recinto continuo ritagliato nella campagna dell’Agro a valle dei Colli Albani, attraversata dalla via Tuscolana, edifici in muratura, aree verdi e set cinematografici. L’obiettivo è d’altra parte proprio la concentrazione e il superamento della frammentazione e dispersione prodotta fino ad allora da impianti piccoli e medi, inadeguati rispetto gli sviluppi delle tecniche cinematografiche. Finzione e realtà, costruito e spazi aperti per la sosta e parte delle riprese, sono tenuti insieme da uno schema che privilegia l’assetto funzionale proprio di un impianto industriale e permette la scelta di un linguaggio formale privo di accenti aulici, che lavora sull’accostamento di volumi geometricamente semplici e la separazione in zone delle diverse attività che concorrono alla produzione. L’accesso principale si apre su via Tuscolana segnalato da un basso portale che individua l’asse interno sul quale si organizza il blocco degli edifici di rappresentanza e direzione, il ristorante, la grande serra, la piscina, e la lavorazione delle pellicole già impressionate; una seconda zona comprende i servizi alla produzione concentrati in un unico edificio attorno al quale si distribuiscono nove teatri di posa; altri 8 teatri raggruppati a gruppi di due ognuno rispetto a un edificio per la lavorazione delle scene e per i camerini degli artisti costituiscono ulteriori unità indipendenti, tali da permettere di girare più film contemporaneamente in condizioni ottimali; una terza zona è occupata dalle officine, gli edifici tecnici e per le maestranze sul lato di via di Torre Spaccata. L’efficacia funzionale dell’impianto progettato da Peressutti ne ha permesso la conservazione fino ad oggi insieme alle possibilità delle trasformazioni necessarie per gli adeguamenti tecnologici, rinnovando il mito di Cinecittà ancora tra gli impianti più importanti nel panorama internazionale: “… è un posto che dovrebbe essere guardato con rispetto … Per me è il posto ideale, il vuoto cosmico prima del Big Bang.” Federico Fellini.